"[...] il lavoro e la biografia di Maimouna Patrizia Guerresi assumono un significato più ampio di una semplice esperienza personale o di una poetica privata. Diventano specchio dei tempi, impongono temi universali affrontati attraverso un'estetica di passaggio e rendendo la produzione dell'artista un ponte fra culture. La sua conversione al sufismo, quello che appartiene e viene praticato dalla comunità dei Bayfal in Africa, segna la sua produzione indicando come nella vita degli artisti spesso il caso personale assume le forme di un destinopiù ampio e come la via di una intima maturazione spirituale può dare adito ad una produzioen artistica in grado di concentrarsi su aspetti che fanno parte di una visione universale. [...] La sua opera è intenta a "cantare", in una poesia visiva capace di unire figurazione ed astrazione, il corpo in quanto tempio dell'anima, strumento privilegiato di un sapere più alto. Non un approccio religioso ma mistico, non una dottrina ma una pratica, sono alla base di un credo che l'artista traduce in visioni, in icole alimentate da corpi invisibili, sottoposti ad un trattamento di depurazione che li priva di una soggettività per meglio porli in relazione con la trascendenza. La tradizione occidentale della raffigurazione del corpo è qui rimessa in discussione con inedite soluzioni. Il velo diventa un concetto metafisico che spiega l'impossibilità di darsi della "nuda verità"." - Nicola Davide Angerame, "Maïmouna. Ahwal"

ANGERAME, Nicola Davide, "Maimouna. Ahwal", Photo&Contemporary", Torino, 2009.