Mostra
Impronte Sonore
20 dicembre 2023 - 01 giugno 2024
“Behold the new orchestra: the sonic universe! And the musicians: anyone and anything that sounds!”
R. Murray Schafer, The Soundscape: Our Sonic Environment and the Tuning of the World
Con queste parole il musicista canadese R. Murray Schafer introduceva il concetto, diventato emblema della sua ricerca, di Paesaggio Sonoro. Paesaggio Sonoro, nella sua riflessione, non è solo l’insieme totale dei suoni di cui si può fare esperienza nel mondo (naturale e tecnologico) ma anche una sua porzione distinta, che viene selezionata per determinati rapporti che ha con gli elementi circostanti.
Esso è un’entità che “muta nel tempo e nei luoghi, è diverso nelle stagioni e nelle diverse ore della giornata” ed è strettamente legata alla definizione di Identità Sonora (ISO). Coniata dal musicista, medico e psichiatra argentino Rolando Benenzon, l’Identità Sonora corrisponde ad un DNA musicale che univocamente caratterizzerebbe ogni essere umano; un codice genetico composto dai suoni e dai silenzi nei quali l’individuo è immerso sin dalla nascita. Il Paesaggio Sonoro quindi interagisce, modifica e segna non solo le identità (sonore) del singolo individuo, ma anche della collettività, divenendo così parte integrante della memoria sonora di una comunità.
Ed è in questa ottica non solo individuale, ma anche collettiva, che prende avvio la qui presente proposta curatoriale che si riassume nell’espressione, che dà il titolo alla mostra, di Impronta Sonora. L’Impronta Sonora, secondo Schafer, rappresenta quel suono, unico e intrinsecamente caratteristico di un’area, di un territorio (“le impronte sonore rendono unica la vita acustica di una comunità”). Nell’Impronta Sonora un insieme di individui può dunque riconoscere e ritrovare se stesso sia come singolo che come parte di un insieme, a patto però di essere disposto a porsi in attenzione e in allerta verso gli stimoli uditivi generati da questo dialogo.
In quattro ideali sezioni, sono visibili opere in cui è il territorio circostante a (auto)definirsi tramite i suoni che produce al di fuori della volontà umana, in un filone che si associa alla sperimentazione di John Cage ( Preaching avant-garde the Commuter – Joanna Malinowska; Monologue – Michele Spanghero; Higgs Ocean #10 – Andrea Galvani; 60 minuti – Ilenia Dusi), altre in cui si affaccia prepotente l’idea di cronotopo, in quanto insieme indissolubile di dimensione temporale e spaziale per caratterizzare, anche politicamente, un luogo ( Terra asciutta – Adrian Melis; Vox Populi – Andrea Aversa; Ritmo Urbano - Jiying Liu), ad opere in cui si nota il modo in cui l’identità sonora - individuale e di un’epoca- si possa manifestare in una composizione strutturata come quella musicale ( Autoritratto modenese e Top.100 vol 8 – Davide Bertocchi) ad altri lavori in cui, infine, è il ribaltamento delle nostre aspettative nei confronti di strumenti musicali, sculture e funzioni fisiologiche umane, ad essere protagonista ( La campana del silenzio e Box for crying Place – Eric Andersen; Noise e ABCDEFG di Jacopo Mazzonelli; Il suono della pioggia quando cade in un unico punto – Serena Vestrucci; 5' per indurre un'assenza - Pamela Diamante; Ratio 3 - Michele Spanghero).
In un frangente storico di iper-produzione di immagini, in cui il senso della vista sembra prepotentemente primeggiare sugli altri, questo progetto ( accettando la sfida imposta dal medium digitale) ha l’intento di stimolare una riflessione sulle possibilità di conoscenza profonda che l’ascolto attivo della musica di noi stessi e dell’ambiente che abitiamo può offrire.
Curata da: Lucia Cavallo e Gabriella Esposito
R. Murray Schafer, The Soundscape: Our Sonic Environment and the Tuning of the World
Con queste parole il musicista canadese R. Murray Schafer introduceva il concetto, diventato emblema della sua ricerca, di Paesaggio Sonoro. Paesaggio Sonoro, nella sua riflessione, non è solo l’insieme totale dei suoni di cui si può fare esperienza nel mondo (naturale e tecnologico) ma anche una sua porzione distinta, che viene selezionata per determinati rapporti che ha con gli elementi circostanti.
Esso è un’entità che “muta nel tempo e nei luoghi, è diverso nelle stagioni e nelle diverse ore della giornata” ed è strettamente legata alla definizione di Identità Sonora (ISO). Coniata dal musicista, medico e psichiatra argentino Rolando Benenzon, l’Identità Sonora corrisponde ad un DNA musicale che univocamente caratterizzerebbe ogni essere umano; un codice genetico composto dai suoni e dai silenzi nei quali l’individuo è immerso sin dalla nascita. Il Paesaggio Sonoro quindi interagisce, modifica e segna non solo le identità (sonore) del singolo individuo, ma anche della collettività, divenendo così parte integrante della memoria sonora di una comunità.
Ed è in questa ottica non solo individuale, ma anche collettiva, che prende avvio la qui presente proposta curatoriale che si riassume nell’espressione, che dà il titolo alla mostra, di Impronta Sonora. L’Impronta Sonora, secondo Schafer, rappresenta quel suono, unico e intrinsecamente caratteristico di un’area, di un territorio (“le impronte sonore rendono unica la vita acustica di una comunità”). Nell’Impronta Sonora un insieme di individui può dunque riconoscere e ritrovare se stesso sia come singolo che come parte di un insieme, a patto però di essere disposto a porsi in attenzione e in allerta verso gli stimoli uditivi generati da questo dialogo.
In quattro ideali sezioni, sono visibili opere in cui è il territorio circostante a (auto)definirsi tramite i suoni che produce al di fuori della volontà umana, in un filone che si associa alla sperimentazione di John Cage ( Preaching avant-garde the Commuter – Joanna Malinowska; Monologue – Michele Spanghero; Higgs Ocean #10 – Andrea Galvani; 60 minuti – Ilenia Dusi), altre in cui si affaccia prepotente l’idea di cronotopo, in quanto insieme indissolubile di dimensione temporale e spaziale per caratterizzare, anche politicamente, un luogo ( Terra asciutta – Adrian Melis; Vox Populi – Andrea Aversa; Ritmo Urbano - Jiying Liu), ad opere in cui si nota il modo in cui l’identità sonora - individuale e di un’epoca- si possa manifestare in una composizione strutturata come quella musicale ( Autoritratto modenese e Top.100 vol 8 – Davide Bertocchi) ad altri lavori in cui, infine, è il ribaltamento delle nostre aspettative nei confronti di strumenti musicali, sculture e funzioni fisiologiche umane, ad essere protagonista ( La campana del silenzio e Box for crying Place – Eric Andersen; Noise e ABCDEFG di Jacopo Mazzonelli; Il suono della pioggia quando cade in un unico punto – Serena Vestrucci; 5' per indurre un'assenza - Pamela Diamante; Ratio 3 - Michele Spanghero).
In un frangente storico di iper-produzione di immagini, in cui il senso della vista sembra prepotentemente primeggiare sugli altri, questo progetto ( accettando la sfida imposta dal medium digitale) ha l’intento di stimolare una riflessione sulle possibilità di conoscenza profonda che l’ascolto attivo della musica di noi stessi e dell’ambiente che abitiamo può offrire.
Curata da: Lucia Cavallo e Gabriella Esposito